Leonora Carrington nasce il 6 aprile 1917 nel Lancashire. Il padre, Harold Wilde Carrington, è un ricco industriale; la madre, Maureen, è una nobildonna di origini irlandesi. Ha tre fratelli: Patrick, Leonard e Arthur.
Fin dalla giovane età, riceve una solida formazione in famiglia, ed è introdotta alla lettura di autori come William Wymark Jacobs, James Stephens, Lewis Carroll, Beatrix Potter ed Edward Lear, che influenzeranno i suoi primi esercizi di scrittura. Leonora rielabora e descrive storie, in particolare con ricorrenti scene di animali, quali cavalli, tartarughe e gatti giganteschi. Anche i racconti della madre su spettri e personaggi del folclore irlandese hanno una gran influenza nel suo immaginario.
Secondo il costume del tempo viene mandata dai genitori a studiare in un collegio cattolico. La mancanza di interessi per gli studi che Leonora manifesterà, si deve in parte alla dislessia, che le causa molta difficoltà nell’apprendimento, ma soprattutto al suo spirito ribelle, che la porterà ad essere espulsa da questo e da altri istituti. Leonora, infatti, dimostra da subito avversione per le regole sociali impostele in quanto donna e appartenente a una famiglia alto-borghese, considerandole limitanti per le sue attività intellettuali e ludiche. Questa sua contrarietà sarà esemplificata nelle parole attribuite alla giovane protagonista di La porte de pierre (1976): “Dicono non stia bene che le ragazze facciano le stesse cose che fanno i ragazzi. Non è giusto. Io ho tre fratelli. Possono fare sempre tutto quello che vogliono solo perché sono ragazzi. Non è proprio giusto… Quando sarò grande voglio radermi […]”.
A quindici anni si trasferisce a Firenze, per continuare la sua istruzione presso l’accademia d’arte di Miss Penrose; si dedica alla pittura, affascinata soprattutto da artisti del XIV e XV secolo, come Francesco di Giorgio Martini, Giovanni di Paolo Rucellai e Sassetta. Il padre tuttavia, in disaccordo con l’attività artistica della figlia, commenterà in seguito: “Non eri una vera artista – in quel caso saresti stata povera o omosessuale, che come crimini si equivalgono”.
Tornata in Inghilterra, la giovane espone ai genitori il desiderio di iscriversi alla Chelsea School of Art di Londra, diretta da Amédée Ozenfant, e dopo svariate insistenze le viene permesso. Leonora si trasferisce così in una suite di famiglia in un esclusivo hotel londinese, in compagnia di un’amica. Si rivela nuovamente un’allieva difficile e ribelle alla ferrea disciplina imposta da Ozenfant, che per un anno la obbliga a ripetere lo stesso esercizio: copiare una mela con una matita a carboncino. Risale a questo periodo (inizi degli anni Trenta) il suo primo dipinto Portrait of Joan Powell, che ritrae la compagna di stanza con in mano una copia de I ragazzi terribili di Jean Cocteau e con un muro di mattoni sullo sfondo. La figura della giovane donna, semplice e sobria, cela uno sguardo gelido di sfida; la sigaretta poggiata all’angolo della bocca socchiusa e la presa sicura della mano sul volume, evocano un’immagine di ribellione, suggerita anche dal testo di Cocteau.
Nel 1936, in occasione della prima esposizione surrealista a Londra, entra in contatto con il gruppo surrealista. La madre le regala una copia di Surrealism di Herbert Read che mostra in copertina un dipinto di Max Ernst, Two Children Menaced by Nightingale, e ne resta affascinata. Lo stesso anno i due si conoscono tramite un amico in comune, ed è amore a prima vista. Lui è uno degli esponenti di spicco del movimento, ha quarantasei anni, lei diciannove, e con il suo fascino innocente e perverso incarna l’ideale surrealista della femme-enfant.
La coppia si trasferisce a Parigi, e ciò segna per Leonora la rottura del rapporto con il padre. Nel 1938, partecipa alla Exposition International du Surréalisme di Parigi e poi di Amsterdam. Successivamente la coppia si sposta a Saint-Martin-d’Arde, un villaggio della Provenza, dove lei produce i suoi primi racconti in un francese sgrammaticato, che diverte gli amici surrealisti. Nel 1937 scrive la sua prima short story, La maison de la peur, che l’anno successivo viene pubblicata, arricchita da un’introduzione e da sette collages di Ernst. L’ammirazione del compagno per il lavoro di Leonora è accompagnata parallelamente dalla convinzione che il merito per l’originalità del testo sia da attribuirsi a momenti di visione di una sorta di autore/medium, più che alla capacità di scrittura di un’artista consapevole.
Nel 1939 viene pubblicata La Dame ovale, una raccolta di racconti ancora illustrati da Ernst, e molte altre short stories, poi riunite in The Seventh Horse and Other Tales. La maggior parte dei racconti scritti negli anni quaranta, vedono protagoniste figure femminili dall’identità biologica e sessuale incerta, in cui convivono tratti umani e animali; sono giovani solitarie e trasgressive che vivono fuori del contesto sociale e rifiutano di assoggettarsi alle sue regole, preferendo la compagnia degli animali a quella dei propri simili.
Durante questa prima fase di scrittura, Leonora riprende a dipingere. In questo periodo produce Autoportrait à l’auberge du Cheval d’Aube (1936-7) e Femme et Oiseau (1937), entrambi dominati dal motivo del cavallo, tipico soggetto rappresentato nelle sue produzioni tra il 1937 e il 1940, assieme alle figure femminili di identità ambigua.
Ernst rappresenta per Leonora sia una fonte di ispirazione, sia una figura paterna autoritaria ed esigente dalla quale dipendere, come dichiara nell’intervista rilasciata a Marina Warner nel 1990, in cui l’artista afferma che “una relazione d’amore implica sempre un rapporto di dipendenza. […] Penso che molte donne – dovrei dire persone, ma in realtà sono quasi sempre le donne la parte dipendente – siano fin ora state schiacciate, forse addirittura annientate da questo tipo di dipendenza”.
Nel 1939, durante il conflitto tra Francia e Germania, che vede Ernst arrestato, sperimenta gli effetti di questa dipendenza. Lascia sconvolta la loro casa, e dopo aver vagato per alcuni giorni, viene ritrovata dalla proprietaria di un caffè del paese, dove viene ospitata. Alcuni mesi più tardi, Ernst torna per un breve periodo, durante il quale Leonora dipinge un suo ritratto, ma poco dopo viene internato in un campo di concentramento. Dopo aver tentato inutilmente di farlo rilasciare, Leonora cede la casa in cambio di un permesso di espatrio e, su consiglio di alcuni amici, si trasferisce in Spagna, dove viene dichiarata pazza e rinchiusa in un manicomio a Santander. L’esperienza del ricovero e della malattia è raccontata in Down Below, pubblicato a New York nel 1944.
Dopo alcuni mesi, per intercessione della famiglia è dimessa e affidata alle cure di una vecchia governante, che ha il compito di condurla a Lisbona e successivamente in Sud Africa, per farla ricoverare in una clinica psichiatrica. A Lisbona incontra il diplomatico Renato Leduc, che aveva precedentemente conosciuto a Parigi, il quale si offre di condurla in America, a condizione che lei lo sposi. Nella primavera del 1941 Max, uscito di prigione, incontra casualmente Leonora in un mercato di Lisbona e la prega di lasciare Renato e di seguirlo a New York. I due continuano comunque a frequentarsi, prima a Lisbona e poi a New York, nonostante la loro relazione sia ormai finita.
Nell’anno 1942, l’artista pubblica racconti nelle riviste surrealiste Viev e VVV, ed espone le sue opere in diversi musei di New York.
Nell’estate del 1942 Leonora lascia New York per trasferirsi con Leduc a Città del Messico. Come lei, altri surrealisti si trasferiscono in Messico. Fra questi, Benjamin Péret con la moglie Remedios Varo, che diventa sua amica intima.
L’anno successivo, Leonora e Renato divorziano e poco dopo lei conosce il fotografo ungherese Emerico Imri Weisz, con cui si risposa e dal quale avrà due figli: Gabriel e Pablo. Leonora ricorda l’esperienza della maternità come una nuova fonte di ispirazione e infatti in quel periodo dipinge Baby Giant, mentre è in attesa del secondo figlio. In Messico si dedica alla sperimentazione di nuove tecniche; sviluppa, essendo ambidestra, la capacità di dipingere con entrambe le mani e dedica molta più attenzione alla definizione del disegno. I motivi ricorrenti in questo periodo sono soggetti autobiografici.
Nel 1948 un’importante galleria di New York le dedica una personale, e di riflesso anche le gallerie messicane cominciano ad interessarsi all’artista, dopo averla ignorata per quasi un decennio. Nel 1963, il governo messicano le commissiona un murale per il nuovo museo antropologico di Città del Messico, intitolato El mundo magico de los Mayas. Per prepararsi all’opera, Leonora visita i villaggi del Chiapas, nel Messico meridionale, e intraprende un viaggio attraverso zone desolate e inospitali, spostandosi a cavallo. I nativi non le permettono di scattare fotografie, e quindi ricorre a schizzi e disegni per documentare i loro costumi di vita. Il murale è il risultato della rielaborazione di questi schizzi, arricchiti dall’immaginazione dell’artista.
Nei primi anni Settanta, si schiera pubblicamente a favore del movimento per i diritti della donna. In diverse occasioni inoltre, espone le proprie teorie sull’eguaglianza di tutte le forme di vita e sul ruolo della donna come colei che ha il compito di mantenere l’armonia tra tutte le specie viventi, compito che alcune religioni e miti dell’antichità attribuivano alle divinità femminili. Dipinti come The Ancestor (1978) e The God Mother (1970) riflettono queste teorie. Allo stesso modo, le pubblicazioni di questo periodo prendono di mira il regime patriarcale. Abbandona il suo paese di residenza, come atto di protesta, in varie occasioni: nel 1968, quando il movimento studentesco viene represso violentemente il 2 di ottobre nella Plaza de las Tres Culturas di Tlatelolco, e nel 1985, a seguito della pessima gestione del governo degli eventi legati al terremoto che distrusse gran parte della città. In questi periodi vive a New York e a Chicago, poi torna definitivamente in Messico nel 1990.
Nel 2000 è nominata Ciudadana de Honor de México. Nell’estate del 2010, alla Chichester’s Pallant House Gallery nel Regno Unito, all’interno di una stagione di mostre internazionali chiamata Surreal Friends che celebrava il ruolo delle donne nel movimento surrealista, si svolse una delle maggiori mostre delle sue opere.
Leonora Carrington muore il 26 maggio 2011, all’età di 94 anni, a Città del Messico, a causa di complicazioni dovute a una polmonite.